Una sorella dispettosa di Pietro M.

Erano le dodici di una domenica mattina e, visto che mi ero svegliato alle undici, avevo appena incominciato a fare i compiti per tutta la settimana. Durante la settimana infatti, tornato da scuola, riuscivo solo a mangiare e a studiare per il giorno dopo perché pratico sport e ci tengo molto ad allenarmi. Così domenica mi stavo impegnando a finire i compiti.

Erano le tre e mezza e avevo appena ripreso, ero felicissimo perché sapevo che li avrei finiti di lì a poco; ma quando ero quasi al termine, arrivò mia sorella che incominciò a parlare e ad ascoltare la musica; sapevo che lo stava facendo per darmi fastidio e farmi perdere la concentrazione, così non avrei potuto finire in tempo come avrei voluto. Cominciai a diventare rosso e a tremare per la rabbia, avrei voluto urlarle contro di tutto e tirarle un pugno, però sapevo che, se avessi fatto così non avrei ottenuto niente, anzi, avrebbe incominciato a darmi ancora più fastidio. Allora, anche se brulicante di rabbia, me ne stetti seduto a lavorare facendo finta di niente. 

Mi mancava veramente poco (solo quelli per il venerdì), però, sfortuna vuole che mia sorella avesse capito che mi stava dando molto fastidio e, nonostante questo io stavo facendo finta di niente per farla andare via, e capito ciò mise in atto il piano di riserva: cominciò a dirmi che anche lei doveva fare i compiti. Allora io mi infuriai veramente, (sapevo che non aveva niente da fare e sarebbe stata tutto il pomeriggio facendo finta di studiare guardando il computer). 
Cominciai a sbuffare e ad urlare, in quel momento avrei potuto distruggere qualunque cosa mi si fosse parata davanti impedendomi di picchiare mia sorella, ma, per fortuna mi limitai a mandarla via, urlandole di tutto.
Mia sorella corse via piangendo da mio padre e gli disse che non le facevo fare i compiti, così venne da me e, sgridandomi, mi fece allontanare dal computer per lasciare mia sorella a fare i compiti in pace. Io corsi in camera sbattendomi la porta dietro e pensai con ancora più rabbia che giovedì non sarei potuto andare a judo perché dovevo finire i compiti, e solo per colpa di mia sorella! Pensando a quella cosa, tirai un calcio talmente forte contro l’armadio di mia sorella che per poco non si ruppe, poi mi ripromisi che non le avrei parlato fino a quando non mi avesse chiesto scusa.
La settimana di scuola andò bene fino a quando arrivò giovedì; mentre tornavo da scuola ripensai alla giornata di domenica e iniziò a salirmi la rabbia, tanto che diventai rosso e teso. Quando arrivai a casa e guardai il registro elettronico mi accorsi che per venerdì avevo pochissimi compiti, così mi misi a pensare alla giornata di domenica e mi accorsi che non avevo avuto motivo per arrabbiarmi così tanto.
Trascorsi Il pomeriggio a studiare e a fare i compiti ma riuscii a finire un’ora prima di andare a judo e mi accorsi che forse ero io a dovermi scusare con mia sorella; così andai a judo e mi divertii un mondo.
La sera, tornato a casa andai da mia sorella e mi scusai, ma vidi che anche lei voleva scusarsi; così accadde e facemmo pace. Tutto dimenticato e perdonato!
Comunque la domenica dopo eravamo di nuovo punto e a capo a litigare per i compiti.   

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