Una maestra particolare di Filippo T.

Ho potuto fare una chiacchierata con la nonna materna e mi ha dato tante informazioni interessanti e anche divertenti su come fosse la scuola ai suoi tempi. 
Le differenze maggiori rispetto alla scuola di ora le ho trovate alla scuola elementare che ha frequentato alla fine degli anni 50’. Ad esempio, in seconda c’era un esame per accedere alla classe terza e in quinta l’esame di fine ciclo, ma la cosa che mi ha colpito di più è che le classi erano esclusivamente femminili o maschili. 
Alcune differenze riguardavano anche le materie, infatti non era previsto l’insegnamento della lingua straniera, l’educazione fisica era molto diversa poichè i bambini si limitavano a marciare tra i banchi e soprattutto erano previste attività pratiche e manuali che, per le femmine però si riducevano a imparare qualche punto di ricamo e i primi rudimenti del lavoro ai ferri. La nonna mi ha raccontato ridendo che lei ci a messo cinque anni a fare una sciarpa di lana dal dubbio risultato.
Il rapporto con la maestra era molto meno amichevole, si imparava a sei anni a darle del "Lei" e il tu era previsto solo per la bidella. La nonna mi ha raccontato che al mattino i ragazzi entravano in classe accompagnati dalla bidella, si sistemavano ai banchi e aspettavano l’arrivo della maestra; quando entrava in classe dovevano farsi trovare tutti in piedi e a gran voce dire “Riverisco signora maestra’’. 
Anche allora c’era una ricreazione a metà mattina durante la quale si faceva merenda. La maestra della nonna aveva una bizzarra usanza; ogni alunno in fila ordinatamente doveva avvicinarsi alla cattedra di legno posizionata su un’alta pedana e recitare la frase di rito ”Signora maestra, posso offrire?’’ A quel punto la maestra estraeva dal cassetto un paio di forbici e un pezzo di carta e tagliava un pezzo di merenda, che fosse un panino, un pezzo di focaccia o un dolcetto. Chiamava poi le compagne che non avevano la merenda e ne dava qualche pezzetto per una, infine e ne teneva sempre un po’ per sè prediligendo la focaccia.
I banchi erano di legno e singoli e non erano molte le occasioni per scambiare due parole tra compagne anche perché, al primo brusio, la maestra picchiava sulla cattedra con una bacchetta anch’essa in legno e zittiva subito tutti.

L’uscita da scuola avveniva sempre in fila e in ordine d’altezza. Fuori dal portone non c’erano mai i genitori e gli alunni tornavano a casa a gruppetti.
Non esisteva la figura della rappresentante di classe, la famiglia non si occupava della didattica e dell’organizzazione della scuola, mai un genitore si sarebbe permesso di contestare la maestra. Si usava invece molto la figura del capoclasse che avrebbe dovuto tenere sotto controllo gli alunni nel momento in cui la maestra si assentava. La maestra della nonna però non utilizzò quasi mai questa figura per evitare che i compagni lo chiamassero spione.

Mi è piaciuto molto parlare con la nonna di come era la scuola ai suoi tempi e ho fatto un tuffo indietro nel passato cercando di immaginarmi come sarebbe stato essere lì con lei, però ahimè non saremmo mai potuti essere in classe insieme!

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