Il tesoro perduto di Rebecca T.

Un giorno, io e il mio gruppo di amici (Noemi, Marta, Sara, Lisa, Matteo, Filippo) andammo a fare una passeggiata sulla spiaggia di Boccadasse. Giunti a un metro dalle onde, Marta notò qualcosa luccicare tra la sabbia bagnata. Noi tutti curiosi corremmo a vedere cosa fosse e Filippo esclamò: “E’ solo una bottiglia di vetro!” Io, non convinta, diedi ancora un’occhiata: “Fermi! Dentro c’è qualcosa!”. 

Raccolsi la bottiglia e tirai fuori un vecchio foglio di carta ingiallito e arrotolato; iniziai ad aprirlo e scoprii che si trattava di una caccia al tesoro. Infatti sul foglio c’era scritto il primo indizio: 


“Se il secondo indizio volete trovare, 
nel bosco di Bavari dovrete andare 
e un ristoro per animali cercare.” 

Con i miei amici decidemmo di partire il giorno seguente alla ricerca del bottino.
Il fatidico giorno arrivò, dopo aver raccontato una scusa ai nostri genitori, ci incontrammo tutti in Piazza Ragazzi dove studiammo attentamente il percorso più breve per raggiungere il bosco.

Arrivammo per l’ora di pranzo e decidemmo di fermarci a fare un pic-nic accanto agli alberi, ma dopo pochi minuti sentimmo un urlo di terrore: Lisa, la più piccola del gruppo, ci disse che aveva visto degli occhi scuri in mezzo alla vegetazione e che temeva fossero dei cinghiali pronti ad attaccarci. Ci guardammo intorno, ma non c’era nulla di strano: quel bosco appariva normale con gli alberi intrecciati e il vento che provocava il fruscio delle foglie. Poco dopo ci accorgemmo che Lisa aveva ragione: dietro ai cespugli di rovi di fronte a noi quattro occhi scuri e penetranti ci fissavano. Terrorizzati dal pensiero di essere attaccati dai cinghiali, scappammo a gambe levate.
Corremmo talmente veloci che ci sembrò di volare. Non ebbi mai il coraggio di voltarmi indietro, solo al pensiero mi venivano i brividi, ma nell’intento di correre l più veloce possibile, non mi accorsi che per terra c’erano dei ramoscelli. Tra me e gli animali c’erano solo pochi metri, improvvisamente inciampai in un ramo e caddi a terra. Ero pronta, probabilmente mi avrebbero aggredita, ma quando mi voltai vidi dei simpatici cavalli che probabilmente erano stati attratti dal cibo. Tirai un sospiro di sollievo, ma nello stesso tempo scoppiai in una risata: c’eravamo spaventati solo per dei cavalli.

Anche gli altri si unirono alla mia risata, ma non avevamo tempo da perdere! Di sicuro quei cavalli si erano persi; a Matteo venne subito in mente: “Ma certo! Forse provengono dal maneggio di Bavari. Deve essere qui vicino.” Così, insieme ai due cavalli, ci incamminammo versi il maneggio. Io, ancora un po’ dolorante per la caduta, mi aggrappai a uno dei due cavalli. Dopo poco arrivammo a destinazione: era un maneggio meraviglioso, c’erano cavalli di ogni tipo e colore; poi notammo delle ragazze, probabilmente le proprietarie del maneggio, che appena videro i due cavalli iniziarono ad urlare: “Bella!, Sprite! Dove eravate finite?” 
Si voltarono verso di noi: “Grazie per avercele riportate, si erano perse e non riuscivamo più a trovarle!” Successivamente chiedemmo loro se avessero visto un foglietto e le ragazze ci risposero di averlo visto, ma di non ricordarsi dove. Ci ringraziammo a vicenda ed iniziammo a perlustrare il maneggio: “Eccolo lì!” Esclamò Noemi indicando la staccionata. Iniziammo ad aprirlo e a leggerlo ad alta voce: 


“Se il prossimo indizio volete trovare 
un parco avventura dovrete affrontare". 

Ci incamminammo verso il parco avventura di Righi, ma per arrivarci dovevamo prendere la funicolare: un treno trainato da due funi. Il tragitto della funicolare era da Zecca a Righi, proprio la nostra destinazione. Finalmente eravamo arrivati: un’ enorme distesa di alberi ci faceva da sfondo. Al parco avventura c’erano 7 piste di livelli di difficoltà diverse. Per riscaldarci iniziammo da una delle piste più facili, la verde, e tutto andò liscio.
Successivamente decidemmo di fare la pista nera, quella più difficoltosa. Eravamo tutti d’accordo tranne Sara: lei aveva paura delle altezze, ma alla fine riuscimmo a convincerla. L’ordine era il seguente: la prima della fila ero io, ero la più esperta e conoscevo bene quella pista, poi Filippo, Matteo, Noemi, Lisa ed infine Sara, in modo che, se avesse avuto bisogno di aiuto, saremmo potuti tornare indietro a prenderla.
I primi due ostacoli andarono bene; arrivò il momento del terzo e tutti riuscirono a superarlo tranne Sara: presa dalle vertigini non riusciva più a muoversi, inciampò in una delle funi e rimase appesa con una sola mano: ovviamente aveva una fune di sicurezza che la teneva, ma se fosse rimasta a penzoloni non saremmo stati in grado di tirarla su.
Tutti ci precipitammo a soccorrerla: ora era aggrappata con un dito, eravamo ad un centrimetro da lei quando lasciò la presa… per fortuna, però, riuscimmo ad afferrarla per la maglietta e la tirammo su.
Continuammo la pista e finalmente giungemmo al termine. Vicino alla fine del percorso, tra le radici di un albero, era rimasto intrappolato un piccolo scoiattolo, così lo aiutammo a liberarsi. Proprio sotto di lui c’era il terzo indizio: lo aprimmo a iniziammo a leggerlo:

Se il prossimo indizio volete trovare 
al Forte Diamante vi dovrete recare.”

Quello che ci attendeva era un cammino molto lungo e faticoso: il percorso consisteva in una salita molto ripida.
Non avevamo tempo da perdere! Ci incamminammo nel bosco: era fitto e umido, la sera stava arrivando e per fortuna riuscimmo a scorgere il monte in lontananza; eravamo vicini. Ora dovevamo affrontare la scalata: il primo pezzo era abbastanza pianeggiante, ma dopo poco arrivò la salita piena di sassi ai bordi del sentiero, come se ci fosse appena stata una frana. Il cammino era davvero faticoso e si procedeva con lentezza, avevamo già quasi finito le riserve di acqua e per colpa dei massi era facile inciamparsi; tutti avevamo rischiato di cadere almeno una volta, ma senza gravi conseguenze.
Finalmente, dopo circa un’ora di cammino, scorgemmo la vetta: ci sembrava un’illusione era andato tutto fin troppo bene! Marta, distratta ed esausta, inciampò e cadde in avanti rotolando per un paio di metri; tutti iniziammo a correre per fermarla continuando a calpestare i numerosi massi sul sentiero: le nostre scarpe erano decisamente rovinate, ma non erano certo quelle ad impedirci di salvare la nostra amica. Sara, la più veloce del gruppo, riuscì a fermarla e dopo poco la raggiungemmo anche noi. Marta non era in buone condizioni: aveva ferite dappertutto, i vestiti erano tutti strappati e rovinati e non riusciva a stare in piedi.
Non potevamo fermarci proprio adesso, così la aiutammo a raggiungere la cima: c’era un panorama mozzafiato, il sole stava tramontando e il cielo si riempì di sfumature rosa e arancione; non era di certo una cosa che si poteva vedere tutti i giorni!
Si era fatto tardi e non potevamo tornare indietro, quindi decidemmo di accamparci lì; per fortuna avevamo portato con noi delle tende, dopo averle montate, con dei ramoscelli accendemmo un falò.

La mattina arrivò presto e finalmente svegli ci ricordammo il nostro obbiettivo. Proprio attaccato alle nostre tende c’era il nuovo indizio con sopra scritto: 


“Questo è l’ultimo indizio, 
perché se la mappa volete consultare 
nella piscina della Sciorba dovrete sguazzare.” 

Eravamo eccitati, la piscina piaceva a tutti, e finalmente Marta, dopo essersi riposata, riusciva di nuovo a stare in piedi anche se un po’ a fatica.
Il resto del percorso decidemmo di farlo insieme, come una vera squadra senza rivalità tra di noi e proprio in quel momento vedemmo la mappa del tesoro che ci aspettava al traguardo.
La studiammo attentamente e ci accorgemmo che il luogo in cui avremmo trovato il tesoro era il parco di Nervi.
Una volta arrivati a destinazione, rimanemmo tutti a bocca aperta: era un posto meraviglioso con molti fiori e ricco di farfalle che volteggiavano nell’aria. Il vento che accarezzava l’erba sembrava suonasse una melodia. Iniziammo la ricerca della croce segnata sulla mappa, ma non riuscimmo a trovarla fino a quando Filippo esclamò: “Guardate! Questi rami formano una croce!” Tutti insieme provammo a tirare i rami: alzando lo sguardo notammo un foro nel tronco. Filippo, il più forte del gruppo, prese sulle spalle Sara, la più esile, che infilò un braccio nel foro e trovò una vecchia scatola di metallo. Emozionati per la scoperta, aprimmo subito la scatola e all’interno trovammo solo un vecchio foglio ingiallito con un messaggio!
Delusi ed amareggiati leggemmo ad alta voce: 


“Se la scatola avete potuto aprire
 un grande tesoro potrete scoprire. 
Chi trova un amico trova un tesoro!”


Commossi ci abbracciammo insieme, felici di essere amici e di avere molti tesori!

3 commenti:

  1. Brava Rebecca, un lavoro stupendo scorrevole e articolato allo stesso tempo. Ho apprezzato moltissimo le descrizioni dettagliate ma che non appesantiscono affatto la storia, mi sono piaciuti tanto anche i termini che hai utilizzato nei quali spiccava la cura e l'amore con cui sono stati scelti. Brava!!

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  2. Molto bello Rebecca, avvincente e con un finale bellissimo!

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