Jefferson alla ricerca della grotta perduta di Stefano S.

Jefferson, intrepido e forte esploratore inglese, con la moglie Beth esperta geologa, decisero di fare un'esplorazione sui Monti Urali, in Russia, alla ricerca della Grotta della Morte. Fino ad allora chiunque ne avesse parlato lo aveva fatto in maniera leggendaria. Alla spedizione invitarono anche Frank e George, loro amici e colleghi. 
Durante una mattinata piovosa presero l'aereo da Londra che li condusse all'aeroporto di Mosca dove trovarono Gabriel che li avrebbe accompagnati durantela spedizione. Dall'aeroporto presero un pullman che li portò fino ai piedi dei Monti Urali. 

Dopo il lungo viaggio arrivarono finalmente a destinazione e si accamparono sulla cima di una collina per passare la notte. 
L'indomani mattina partirono alla ricerca della Grotta della Morte dividendosi in due gruppi. Il primo gruppo, formato da Frank, Beth e Jefferson, si diresse a nord, mentre il gruppo formato da Gabriel e George andò ad est. 

Dopo circa due ore di cammino Jefferson avvertì una specie di ruggito e, siccome era a conoscenza del tipo di animali che popolava questa zona, intuì che fosse di una lince. 
Allora i tre, spaventati, cercarono un luogo di rifugio ma trovarono solo alberi sui quali arrampicarsi. Saliti su quello che sembrava essere l'albero più possente, pensarono che lì sarebbero stati salvi anche se a breve la lince, che stava esaminando l'albero, sarebbe salita e avrebbe fatto di loro uno spuntino. 

Mentre i tre speravano di scampare alla morte si sentì uno scricchiolio. A quel punto, osservando le condizioni del tronco e della sua chioma, si resero conto che l'albero era marcio e quindi di lì a poco avrebbe schiantato, era ormai ovvio che se non sarebbe salita la lince sarebbero scesi loro. Dopo un secondo scricchiolio l'albero schiantò. 
Loro non si fecero niente ma la lince venne colpita dal ramo su cui erano appostati e spaventata scappò a grandi balzi. 
Ripresero il cammino. 
I fiori azzurro chiaro, che contornavano tutto il sentiero, profumavano la freschissima aria del mattino. 
Un frastuono li fece sobbalzare. Dall'alto iniziarono a rotolare a valle dei grandi massi, era una frana. Dovevano assolutamente trovare un modo per sfuggire a morte certa. L'istinto di sopravvivenza li fece scattare in una corsa sfrenata ma senza una destinazione. 
Frank, davanti a sé, notò una specie di cavità nel versante, lo gridò con tutta la sua voce e tutti e tre, poi si diressero vero quella che sembrava una zona sicura, avvicinandosi capirono che non poteva essere che l'imboccatura di una grotta. 

Jefferson, che era sempre stato un uomo coraggioso e forte, sentì come se le ginocchia si sciogliessero, poi i muscoli deboli e gli venne il fiatone. Mai aveva avuto una tale paura della morte e soprattutto mai aveva reagito così alla paura. 
Gli passarono davanti agli occhi tutti i momenti più belli della sua vita: la sua prima avventura, il giorno delle sue nozze e i momenti con la famiglia, quelli con gli amici e tutto ciò che lo aveva portato ad essere lì: per un istante venne meno. 
Uno dei ricordi che gli affiorarono alla mente lo risvegliò, subito gli venne un sorriso in faccia, riaprì gli occhi, e vide i suoi amici a terra. Ormai erano spacciati. 
Una grande forza che gli veniva da dentro lo spinse ad aiutarli: spostò un masso che bloccava loro il passaggio, e, con tutte le forze che gli restavano, li spinse dentro la grotta. La frana chiuse inesorabilmente il passaggio. Frank e Beth si rialzarono. Beth ragionò e poi una lacrima le solcò il viso. Jefferson non ce l'aveva fatta. 
Si sentì tossire. Beth aveva un sorriso in viso enorme. Jefferson non era morto, era malandato ma si era salvato, era riuscito a salvare tutto il gruppo. 
Qualche spiraglio tra le pietre lasciava entrare una fievole luce. 
Nello zaino Beth aveva una torcia molto potente, la estrasse e illuminò tutto attorno, era proprio una bella grotta. Jefferson aprì la mappa e, controllando, si accorse che la grotta dove erano chiusi probabilmente era proprio la grotta della Morte. 
Beth, che era esperta in geologia, osservando la roccia che li circondava, confermò l'ipotesi di Jefferson: era proprio quella. 

La grotta era piena di pericoli così Jefferson decise di lasciare lì all'ingresso Beth con l'incarico di chiamare George e Gabriel mentre lui e Frank sarebbero andati a fare un giro di ricognizione. 
George e Gabriel impiegarono circa tre ore per arrivare alla grotta dove iniziarono a scavare e spostare massi. Una volta liberato un piccolo passaggio strisciarono tra la terra per poter entrare. Appena Gabriel levò i piedi dal buco, iniziarono a crollare pietre che ostruirono nuovamente l'entrata. 
Nel frattempo Jefferson e Frank avevano scovato numerosi passaggi così decisero di tornare da Beth per informarla dei nuovi luoghi. 
Mentre tornavano da Beth, Jefferson si ricordò di quando erano appena sfuggiti dalla frana, del sorriso quasi malsano di Frank all'idea che lui fosse morto come se ne fosse stato felice. 
Jeff non sapeva perchè Frank fosse così felice ma subito non diede molta importanza a ciò. 
All'arrivo trovarono anche gli altri due esploratori. Tutti assieme si misero in cammino, e quando arrivarono a un incrocio con tre gallerie, Beth, osservandole, decise di prendere quella a destra perché aveva notato che le pareti erano calcaree e attraverso la mappa si poteva vedere che sopra di loro passava il fiume Ural, il che poteva essere sia una buona cosa, perchè in quel modo sarebbero rimasti vicini all'esterno, sia una pessima perché probabilmente l'acqua del fiume sarebbe potuta scorrere anche nelle grotte. 

Man mano che percorrevano la galleria sentirono dei gorgoglii d'acqua che facevano pensare alla scelta che avevano fatto passando di lì, ma continuarono il loro cammino. 
Giunsero a una specie di strapiombo profondo, con pareti scalabili, e Beth osservò che il pavimento era liscio e che quindi probabilmente di lì passava spesso dell'acqua, e che dall'altra parte il cammino proseguiva. 

Loro dovevano arrampicarsi sulle pareti per arrivare dall'altra parte, stando attenti alle stalattiti e alle stalagmiti che erano sul soffitto e sul pavimento dello strapiombo. 
Mentre attraversavano, Frank, che aveva già dato segni di squilibrio, cercò di spingere Jefferson per farlo cadere perché bramava la ricchezza e la gloria dell'aver scoperto la grotta. 
Fu proprio a quel punto che Jefferson capì l'intento di Frank. I due intrapresero una lotta mentre erano appesi alle pareti. Frank scivolò malamente cadendo con la schiena sulle stalagmiti. Era lì con la schiena rotta. Non potevano non aiutarlo. 

Quando furono dall'altra parte assicurarono una delle corde più lunghe ad uno spuntone di roccia. Tutto era pronto per il recupero, stavano per scendere ma iniziarono a cadere delle stalattiti che si conficcarono nel corpo ormai in fin di vita di Frank, ammazzandolo. 
Con l'aiuto di George, Jefferson, che si era slogato una caviglia, riuscì ad arrivare insieme agli altri fino a una cascata che aveva uno sbocco all'esterno. Finalmente poterono uscire dalla Grotta della Morte. 

Il tempo era trascorso velocemente, ormai era sera. I razzi di segnalazione che riuscirono a lanciare avvisarono gli abitanti della vallata che serviva soccorso. L'avventura durò ancora tutta la notte. 

Dopo qualche giorno sui giornali e sul web apparve la notizia dell'impresa compiuta da Jefferson, Beth, George e Gabriel, che avevano fatto conoscere al mondo la Grotta della Morte ed essa purtroppo aveva mantenuto la sua parola ponendo fine a una vita.

2 commenti:

  1. Bravo Stefano! Il testo mi è piaciuto molto e sia il tuo che quello di Leo hanno preso una "piega" entrambi personale ed originale! Bravo!
    Emma

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  2. Molto bello e originale.
    Da Rebecca

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